A cura di IRSOO: dal lavoro di tesi di Giulia Sciotto, del corso di Optometria, relatore Nicola Megna.
Introduzione
La miopia è una condizione visiva destinata ad essere sempre più diffusa nella popolazione ed è noto come essa sia correlata alla variazione di molti aspetti anatomici e funzionali del sistema visivo. A preoccupare, quindi, non è la sola diffusione del difetto refrattivo miopico, bensì le implicazioni che esso ha sul sistema visivo: primo fra tutti lo sfuocamento per lontano, che risulta essere il sintomo principale; a questo si accompagna una riduzione della sensibilità al contrasto periferica, e un aumento del fattore di rigidità oculare e della lunghezza assiale del bulbo rispetto ai canonici 24 mm, che a sua volta porta ad uno stiramento delle parti interne ad esso, il che può a sua volta provocare distacco di retina con conseguente eventuale ipovisione.
Alla luce di tutto ciò ci siamo chiesti se fosse ragionevole credere che variazioni di tale entità possano rendere l’esperienza attentiva di un miope differente da quella di un emmetrope. Partiamo dal definire il concetto di attenzione, la quale è spesso erroneamente correlata solo allo stato di veglia di un individuo o alla sua capacità di rimanere concentrato; in realtà il concetto di attenzione è strettamente legato ad un processo di selezione degli stimoli che ci circondano, in quanto se fossimo ricettivi nei confronti di tutti gli input di fronte ai quali il nostro ambiente ci mette, saremmo sommersi da informazioni inassimilabili.
A livello visivo possiamo distinguere l’attenzione di tipo esplicito e quella di tipo implicito. La prima è riflessa dai movimenti oculari, per cui è valutabile tramite una semplice osservazione, la seconda invece è un processo di attivazione rispetto ad uno stimolo specifico, che a sua volta guida i movimenti oculari, non è quindi osservabile dall’esterno, ma è misurabile tramite i paradigmi di visual research.
Analisi della letteratura
Per capire come l’attenzione visiva sia condizionata dal difetto miopico è stata fatta un’analisi della letteratura esistente in merito, la quale presenta un panorama fortemente eterogeneo, ma allo stesso tempo non esclude la possibilità che il miope possa avere un’esperienza attentiva differente da quella dell’emmetrope. Per quanto riguarda l’attenzione visiva implicita partiamo illustrando il lavoro compiuto da Kerber e colleghi nel 2016 relativo alla riduzione di sensibilità al contrasto periferica. Questo venne fatto proponendo, ad un gruppo di miopi ed uno di emmetropi, due differenti compiti a tre eccentricità: uno a basso e uno ad alto carico attentivo. Ne risultò che all’aumentare dell’eccentricità e del carico attentivo il miope era meno performante rispetto all’emmetrope. In uno studio di Turatto del 1999 si sono presi in esame i tempi di reazione nel miope e nell’emmetrope nel rispondere a stimoli periferici. Questo è stato fatto tramite due paradigmi dello stesso stimolo: nel primo la variabile era l’eccentricità, si proponevano infatti quattro possibilità a due eccentricità opposte e uguali, nel secondo invece la variabile era il numero di possibili localizzazioni dello stimolo.
Dai grafici possiamo osservare che la presenza di miopia implicasse maggiori tempi di reazione per la detezione di stimoli più periferici (fig. 1) e una maggiore difficoltà per la detezione dello stimolo nel caso in cui aumentasse il numero di possibili posizioni dello stimolo (fig. 2).
Figura 1. Turatto, stimolo 1. (A) Paradigma sperimentale utilizzato per lo studio della componente automatica dell’attenzione. (B) Tempi di reazione di miopi ed emmetropi per la detezione dello stimolo nei box interni ed esterni. (Turatto, 1999).
Figura 2. Turatto stimolo 2. (A) Rappresentazione dello stimolo utilizzato, quando il target era presente (in alto), e quando il target era assente (in basso). (B) Tempi di reazione per il compito di ricerca visiva nei miopi e negli emmetropi. (Turatto 1999).
Un altro elemento di interesse è il focus attentivo del miope, analizzato da Mckone nel 2008 in uno studio con il quale si è posto l’accento anche sull’alternanza di impiego della funzione attentiva locale e globale. Questa analisi è stata compiuta tramite compiti di riconoscimento di volti e di simboli, ed è stato osservato come sia effettivamente presente un’attitudine del miope nell’impiegare più di frequente la funzione attentiva locale, avendo probabilmente un focus attentivo ridotto.
Per quanto riguarda invece gli studi relativi all’attenzione visiva esplicita, si segnala il lavoro di Alhazmi e colleghi del 2014, nel quale si analizza la possibile influenza che il maggior fattore di rigidità oculare del miope può avere sul tempo di impiego dei movimenti oculari saccadici, i quali nel test proposto venivano compiuti dai soggetti ad ampiezze dai 10 ai 40 gradi, concludendo che nel miope si hanno tempi di compimento di tali movimenti maggiori rispetto a quelli di un emmetrope.
Un altro studio a nostro parere rilevante è stato quello di Ghasia del 2015, il quale ha studiato l’ampiezza dei movimenti microsaccadici rapportando tra loro le performance visive di emmetropi e miopi; per i miopi l’analisi è stata fatta in relazione all’entità del difetto refrattivo riportato in termini di equivalente sferico. Si è registrato che all’aumentare
dell’equivalente sferico si verificava una proporzionale crescita percentuale dell’ampiezza microsaccadica (fig. 3). Quello che secondo noi è stato l’unico limite di questo studio è l’ampiezza ridotta del campione preso in esame.
Figura 3. Percentuale di aumento dell’ampiezza delle microsaccadi in funzione dell’errore rifrattivo (Ghasia 2015).
Lo studio di Hartwig e colleghi del 2013, invece, non ha evidenziato alcuna differenza tra miopi ed emmetropi relativamente ai movimenti oculari, ma questo studio è fortemente limitato dalla stimolazione, in fase di analisi, di una condizione saccadica endogena, ossia una situazione in cui lo stimolo si presentava in modo ritmato e quindi prevedibile. Attenzione visiva e miopia medio elevata: un progetto di ricerca Vista l’eterogeneità degli studi analizzati e dei risultati in essi riscontrati, abbiamo messo a punto presso l’IRSOO un progetto di ricerca finalizzato all’analisi dell’influenza della miopia medio elevata sui processi attentivi impliciti ed espliciti su un unico campione di soggetti, cosa che non ci risulta esser stata fatta in precedenza. Il progetto sperimentale di seguito descritto non è stato realizzato a causa dell’avvento della pandemia da COVID-19; il progetto sarà ripreso in futuro da altri studenti del terzo anno o ricercatori dell’IRSOO. Si intende impiegare un eyetracker tramite il quale ci sarà permesso di registrare i movimenti saccadici del soggetto in esame.
Durante la sessione di registrazione dei movimenti oculari si prevede che i soggetti non compiano movimenti con la testa, e questo è garantito dall’impiego di un poggiamento e un poggiafronte. L’elemento chiave dello stimolo (fig. 4) sarà un reticolo avente una frequenza costante di tre cicli per grado, ed un orientamento che ne costituirà la variabile. Nell’analisi dei processi attentivi espliciti analizzeremo i movimenti saccadici in termini di accuratezza, precisione e velocità, invece nell’analisi dell’attenzione implicita valuteremo l’attenzione visiva periferica basandoci su ciò che il soggetto riferirà di aver percepito. In base all’elemento di interesse lo stimolo subirà delle modifiche: nel caso in cui l’elemento di interesse sia l’attenzione esplicita avremo due schermate vuote, delle quali la seconda si presenterà per un tempo variabile, dopo di che si presenterà un indicatore con il 100% di affidabilità il quale indicherà la posizione dello stimolo che sarà visibile per un tempo di circa due secondi (apparentemente lungo ma utile alla stimolazione e al compimento dei movimenti oculari).
Nel caso in cui ad essere analizzata è l’attenzione visiva implicita si hanno ancora una volta due schermate vuote, delle quali la seconda si presenterà per un tempo variabile, ad esse stavolta si aggiungerà una terza schermata vuota di seguito alla quale si presenterà lo stimolo per un tempo di 200 ms (margine di tempo molto breve, per impedire al soggetto di compiere un qualche movimento oculare), dopo di che il soggetto dovrà riferire qual era l’orientamento del reticolo che è stato proposto.
Figura 4. Procedura dell’esperimento proposto. Nella figura sono rappresentate le varie schermate da presentare al soggetto e la loro durata temporale.
Qualora una effettiva correlazione sia presente in termini di attenzione implicita ci aspettiamo maggiori tempi di reazione nel miope e maggiori soglie di orientamento, invece in termini di attenzione esplicita ci aspettiamo di riscontrare movimenti saccadici più lenti.
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