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Il software fract: uno strumento interessante per l’ottico optometrista

A cura di IRSOO, autore: Alessandro Farini

Recentemente, dato anche il periodo di lockdown provocato dall’emergenza legata al virus COVID-19, molte tesi di optometria hanno dovuto far ricorso a strumentazione che fosse disponibile anche nelle case degli studenti e delle studentesse. Molti hanno dovuto rinunciare ad utilizzare gli ambulatori a causa delle norme anti contagio. Questo problema, come talvolta succede, oltre a creare ovvie difficoltà, ha però anche costretto a ricercare nuove opportunità e ad analizzarle meglio. Per questa ragione può non essere inutile dedicare attenzione a un software disponibile gratuitamente in rete ed utilizzabile con molta semplicità. Il software in questione è il FrACT. Si tratta di un software la cui progettazione fu iniziata nel 1985 da Michael Bach e fu successivamente modificata al fine di migliorare il funzionamento e adattarsi alle innovazioni in campo informatico e optometrico. L’applicazione è gratuitamente disponibile sul web (https://michaelbach.de/fract/download.html) e installabile sul proprio computer, sia con sistema operativo Windows che Mac OSX. Essa permette la valutazione di diverse capacità visive tra cui la sensibilità al contrasto e l’acuità visiva.
Quello che rende l’applicazione assai interessante è il fatto che non si tratta di qualcosa di esclusivamente divertente o puramente indicativo come molte di quelle che si trovano sul web. Basta guardarla più in dettaglio e sottoporla a un’analisi più approfondita per accorgersi che è stata realizzata con molte accortezze che la rendono invece estremamente accurata e degna di uno studio più approfondito.

Figrua 1. Finestra di calibrazione di FrACT: prima di ogni misurazione è bene verificare che i dati siano corretti.

Per prima cosa è necessario effettuare una calibrazione, cioè assicurarsi che il software presenti esattamente ciò che sta dicendo di esporre a video. Per farlo vi è una apposita finestra (fig. 1).

I due parametri fondamentali sono quelli riquadrati in rosso in fig. 1. Si tratta semplicemente di indicare la lunghezza in millimetri del righello blu. Questo dato è estremamente importante. Infatti il software riconosce automaticamente il numero di pixel che formano il righello blu (nel caso dell’immagine presentata sono 700 pixel) e, se gli diciamo a quanti millimetri corrisponde, può avere la corrispondenza tra pixel e millimetri. In questo modo il software saprà da quanti pixel deve essere formata una lettera affinché sia di una certa dimensione. Il secondo dato è la distanza tra il paziente e lo schermo: lo scopo di questo dato è quello di poter calcolare l’acuità visiva che stiamo valutando quando presentiamo a schermo una lettera di una certa dimensione. Una volta che questi due dati sono stati inseriti, lo sperimentatore non dovrà più preoccuparsi di effettuare scomode conversioni tra dimensioni fisiche delle lettere e acuità visiva: FrACT automaticamente effettuerà questi calcoli.

Un terzo dato interessante è quello riquadrato in verde in fig. 1. Non si tratta in questo caso di un dato che deve essere inserito dallo sperimentatore: il software, in base ai valori precedentemente inseriti calcola la massima acuità visiva che può essere esaminata nelle condizioni sperimentali attuali. Se questo valore è troppo piccolo (ad esempio 0,8, cioè un valore sotto i dieci decimi) l’unica possibilità è quella di allontanare lo schermo dal paziente. Soprattutto se il vostro schermo non ha una elevata risoluzione (la risoluzione è il numero di pixel presenti sul monitor) dovrete probabilmente utilizzare una distanza elevata. Con schermi “tradizionali” non è pensabile di valutare, ad esempio, acuità visive per vicino. Il fatto che la distanza deve essere spesso elevata rende quasi sempre necessario l’utilizzo di una tastiera wireless, in modo che il paziente possa rispondere direttamente.

Nella pagina di calibrazione sono presenti molti altri dati. Uno è il numero di opzioni di fronte a cui è posto il paziente. Pensiamo ad esempio a una C di Landolt: essa può essere presentata a schermo da parte del software con diversi possibili orientamenti (fino ad otto, vedi fig. 2). Lo sperimentatore può scegliere di usare tutte le opzioni, oppure solo quatto (destra, sinistra, alto e basso), o solo due (destra o sinistra). La scelta del numero di opzioni, è, come spesso accade, tema di grandi discussioni quando si deve realizzare un esperimento.

Figura 2. I possibili orientamenti della C di Landolt che possono essere riprodotti da FrACT.

Il principale vantaggio di usare il massimo numero di scelte (in questo caso, come detto, otto) è che la probabilità che il paziente indovini tirando semplicemente a caso è molto bassa (naturalmente 1/8). Lo svantaggio principale è che otto opzioni sono assai scomode quando si deve andare a raccogliere la risposta del paziente. Ricordiamoci infatti che in molti casi la risposta sarà fornita tramite una tradizionale tastiera da computer: se indicare quattro direzioni può essere semplice e intuitivo, ad esempio utilizzando i pulsanti frecce presenti su molte tastiere, indicare otto diverse opzioni può essere assai scomodo.

Le probabilità che il paziente si confonda o perda tempo anche solo per ricordarsi quale tasto corrisponda alla giusta risposta crescono considerevolmente. In molte delle situazioni sperimentali in cui personalmente mi sono trovato, quattro opzioni è stata la scelta a cui ho più spesso fatto ricorso, come giusto compromesso tra una bassa probabilità di indovinare la direzione giusta e la facilità di utilizzo.

Subito sotto la riga in alto a sinistra in cui è necessario scegliere il numero di opzioni (“choices”), si deve indicare il numero di prove che saranno sottoposte al soggetto. Come già detto, minore è il numero di opzioni e maggiore sarà il numero di prove che dovranno essere utilizzate in modo da ridurre l’incidenza del caso. Come si vede il software suggerisce 42 prove nel caso di sole due opzioni, 24 per quattro opzioni e 18 per otto opzioni, ma tutti questi valori sono personalizzabili. Può sembrare troppo basso il numero 24 per una situazione con sole quattro opzioni, ma qui emerge una delle molte raffinatezze di cui Michael Bach ha dotato il suo software. Infatti FrACT utilizza un metodo psicofisico assai interessante, il best PEST ovvero “best parameter estimation by sequential testing”. I metodi psicofisici indicano la modalità con cui vengono decisi gli stimoli che sono presentati al soggetto.

È il metodo psicofisico selezionato, ad esempio, a decidere le dimensioni delle lettere che sono via via presentate al soggetto in una misura di acuità visiva. Nel metodo dei limiti, ben noto a tutti gli optometristi, si parte da una lettera grande e la dimensione scende fino a che il soggetto sbaglia. Si parte poi da una lettera molto piccola che aumenta la dimensione fino a che il soggetto non è in grado di riconoscerla. Il metodo best PEST utilizzato da FrACT rappresenta una evoluzione dei tradizionali metodi psicofisici, evitando il rischio di fare molte prove assai lontane dalla soglia, cioè dal valore che vogliamo ricavare. Utilizzando il best PEST il software cerca di individuare sin da subito la soglia in modo da fare prove solo vicino a quel valore. Il funzionamento del metodo best PEST può essere meglio compreso osservando la fig. 3 che mostra come varia la dimensione dello stimolo presentato da FrACT durante una singola sessione dedicata alla misura dell’acuità visiva.

Inizialmente lo stimolo (la nostra C di Landolt) è grande (>1 logMAR) e viene correttamente riconosciuto dal soggetto (il punto rosso indica corretto riconoscimento quando è in corrispondenza di 1, o mancato riconoscimento quando è in corrispondenza dello zero). La difficoltà poi aumenta fino al primo errore, che si ha in occasione della prova numero 5. A questo errore segue un leggero ingrandimento dello stimolo.

Dopo qualche altra prova il software ha individuato l’intervallo di acuità visive in cui dovrebbe ricadere quella del soggetto in esame e presenta solo stimoli compresi in tale intervallo. Gli stimoli di dimensioni maggiori rispetto a quelli del suddetto intervallo, e presentati nelle prove 12, 18, 24, 30, rappresentano dei “free trials”, cioè delle prove semplici che sono presentate con l’unico scopo di far mantenere la motivazione al soggetto, che potrebbe stancarsi dovendo effettuare solo prove vicine alla soglia e quindi impegnative.

Figura 3. Esempio di funzionamento del metodo psicofisico best PEST durante un esperimento dedicato a misurare l’acuità visiva. Sull’asse delle ascisse è riportato il numero progressivo della prova (in totale trenta), sull’asse delle ordinate l’acuità visiva espressa in logMAR. La figura è spiegata nel testo.

Come si vede lo schermo di calibrazione (fig. 1) presenta moltissime altre possibili scelte e lo sperimentatore dovrebbe dedicare attenzione ad ognuna di quelle selezioni prima di decidere di iniziare le vere e proprie prove sperimentali. Ad esempio, in alto a destra il software permette di scegliere se far capire, con un segnale visivo o sonoro, al paziente se il suo tentativo è stato corretto o meno.

Non è una scelta da prendere alla leggera: se infatti da un lato la presenza di un segnale che faccia capire la correttezza del tentativo può essere assai utile a mantenere la motivazione del soggetto (entra in gioco un fattore di “gara” a cui tutti noi siamo più o meno sensibili), questo però facilita il compito perché offre un riferimento sicuro. Offrire o meno un feedback, cioè un’indicazione sulla correttezza, cambia sicuramente il risultato finale che otterremo dall’esperimento.

Alla fine della sessione sperimentale, FrACT ci fornisce a schermo la sua stima del valore della soglia che sta calcolando, così come è stata calcolata dal metodo best PEST. Ma è interessante notare che lo sperimentatore può avere accesso a molti più dati: è infatti possibile salvare i dati relativi ad ognuna delle prove effettuate. Possiamo così sapere, ad esempio nel caso dell’acuità visiva misurata con le C di Landolt, le dimensioni di ogni stimolo presentato, la direzione che è stata utilizzata e la corrispondente risposta del paziente ed anche il tempo necessario al paziente per rispondere. Queste prime indicazioni sono già sufficienti per consentire a molti lettori di provare a condurre direttamente alcune prove. Infatti il miglior modo per imparare a utilizzare un software è quello di provarlo, utilizzandolo per qualcosa che interessa o, meglio ancora, confrontandolo con tecniche che un optometrista già usa e padroneggia.

Uno dei principali punti di forza di FrACT è sicuramente il fatto che iniziare ad utilizzarlo è assai semplice, non serve dover essere esperti di un linguaggio di programmazione come Matlab o Python per muovere i primi passi. Ma semplicità in questo caso non vuole dire banalità o superficialità, dato che molte sono le opportunità di personalizzazione che il software offre.

Bisogna aggiungere che FrACT permette anche di effettuare buone misure per la sensibilità al contrasto. In fig. 4 è possibile vedere un confronto tra i valori di contrasto dichiarati da FrACT e quelli effettivamente misurati grazie ai luminanzometri disponibili presso l’IRSOO.

Figura 4. Valori del contrasto degli stimoli presenti sul monitor misurato con il luminanzometro (valore misurato) in funzione dei valori del contrasto che FrACT intende presentare (valore nominale). La linea gialla è la miglior retta passante per i punti.

Questo ottimo controllo del contrasto ha permesso di realizzare interessanti misure dedicate al contrasto di soglia, cioè al minimo contrasto percepibile. Come si può vedere in fig. 5, abbiamo notato come alcune lenti filtranti possono migliorare la percezione del contrasto, anche se i dati per essere statisticamente significativi dovranno essere approfonditi, acquisendo un numero maggiore di pazienti.

Figura 5. Contrasto di soglia (più basso è il valore, migliore è la percezione del contrasto) per uno reticolo di due cicli per grado. Il valore è espresso per un soggetto che non usava nessuna lente (naturale) e quando il soggetto indossava tre diversi tipi di lenti filtranti.

Un altro esperimento svolto utilizzando FrACT ha sfruttato la possibilità di creare stimoli che abbiano un contorno (fig. 6) che rende più difficile il loro riconoscimento, probabilmente per un fenomeno noto come “crowding”.

Figura 6. Una C di Landolt con attorno un quadrato che ne rende più impegnativo il riconoscimento.

In questo caso i risultati hanno confermato quanto noto in letteratura. Infatti (fig. 7) un diagramma di Bland Altman mostra un bias (che è il valore medio della differenza) negativo. Dato che i valori di acuità visiva in questo esperimento sono stati espressi in LogMAR, questo significa che un soggetto ha una migliore acuità visiva quando lo stimolo non è circondato da alcuna cornice, rispetto a quando una cornice quadrata avvolge lo stimolo.

Figura 7. Diagramma di Bland Altman per la differenza tra le misure di acuità visiva espresse in LogMAR per lo stimolo senza e con cornice quadrata in funzione della media delle stesse due misure.

Recentemente FrACT è stato utilizzato anche per stimare l’influenza dell’abbagliamento sull’acuità visiva e sulla percezione del contrasto. Inoltre il programma si è rivelato anche assai utile durante il periodo di lockdown, per far svolgere tirocini e esercitazioni agli studenti che erano bloccati nelle loro case.

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