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Misura della distanza di lettura degli smartphone tramite app dedicata

A cura di IRSOO: dal lavoro di tesi di Martina Sostegni, del corso di Laurea in Ottica e Optometria, relatore Laura Boccardo

Negli ultimi anni smartphone e computer hanno quasi completamente sostituito il cartaceo (Bababekova et al. 2011). Il loro utilizzo si è esteso ad individui di tutte le età. Nella maggior parte dei casi gli schermi digitali richiedono distanze di lavoro ravvicinate, diventa quindi importante riuscire a misurare tali valori con precisione. Recentemente sono stati sviluppati nuovi strumenti digitali, alcuni esclusivamente utilizzati per valutare la distanza di utilizzo dello smartphone (myopia.app) altri invece misurano la distanza di lavoro in qualsiasi condizione (Clouclip, Vivior Monitor). Il fatto che siano strumenti digitali non significa che siano sicuramente più precisi del metro da sarta, ma ci permettono di raccogliere dati continuamente e quindi di ottenere un risultato che si avvicini maggiormente alla reale distanza di utilizzo. Analizziamo i vari metodi di misura.

Il metro da sarta è il metodo più antico e semplice, ma anche il più utilizzato. Un limite di questo metodo è sicuramente il fatto che il soggetto è consapevole di essere “in esame”, quindi potrebbe inconsciamente modificare, allontanando o avvicinando, la sua distanza abituale. È una misura circostanziale, il risultato ottenuto è infatti relativo esclusivamente alla posizione nella quale si trova il soggetto al momento dell’esame.

La misura della distanza di lavoro oggettiva può essere svolta anche con piccoli dispositivi elettronici, il Clouclip e il Vivior Monitor. Entrambi sono stati pensati per essere indossati sull’asta del proprio occhiale o di un occhiale “di prova”. Questi strumenti possono essere utilizzati per monitorare e intervenire sul comportamento del soggetto in esame, impostando una distanza massima e un tempo minimo accettabile come comportamenti visivi non salutari; ogni volta che si superano i limiti prestabiliti, si attiva un avviso tramite vibrazione (funzione sviluppata principalmente per i giovani miopi). Nel caso in cui invece si volesse valutare la distanza di lavoro media, è possibile non impostare nessun limite di distanza o di tempo, in modo da non condizionare il soggetto, come riportato nelle istruzioni dei manuali di Clouclip (2015) e Vivior AG (2017).

Un altro metodo è quello della myopia.app. A differenza del Clouclip e del Vivior Monitor, questa tecnica di misura non richiede che il soggetto debba indossare costantemente un dispositivo sull’occhiale. Gli sviluppatori hanno avuto l’intuizione di sfruttare i moderni dispositivi mobili, già utilizzati ampiamente dalla maggior parte della popolazione e equipaggiati per misurare accuratamente la distanza viso-dispositivo e l’illuminazione ambientale.

È un metodo economico, non invasivo e costante che non ci permette solo di misurare, bensì è possibile impostare dei paramenti, distanza minima di utilizzo o tempo massimo di utilizzo continuo, in modo da monitorare e intervenire ogni volta che si superano (come con il Clouclip e il Vivior Monitor). Myopia.app è un’app sviluppata da ricercatori e optometristi con lo scopo di proteggere gli occhi di chi la utilizza dalla miopia (myopia.appTM eye protection  2021).

Da anni ormai è opinione pubblica che l’aumento della miopia nei bambini e negli adolescenti sia conseguenza diretta dell’utilizzo sconsiderato dei dispositivi elettronici. Numerosi studi si sono posti l’obiettivo di verificare e dimostrare l’eventuale relazione tra questi due fattori. Lanca e Saw (2020) hanno svolto una revisione sistematica in cui sono stati inclusi quindici studi sull’argomento, con dati su bambini con età compresa tra 3 e 19 anni. Dall’analisi è emerso che in sette studi su quindici si ha correlazione fra miopia e tempo passato davanti allo schermo, risultato che però entra in contrasto con quello dei restanti otto studi. Da questa revisione sistematica quindi si evince che la relazione tra utilizzo eccessivo degli smartphone e miopia non è proporzionale.

Nell’articolo di Boccardo (2020), è stata fatta un’osservazione molto interessante e da approfondire: visto l’incontestabile aumento dei casi di miopia negli adolescenti, è opportuno domandarsi se effettivamente l’utilizzo errato dello smartphone possa ulteriormente peggiorare la situazione. Boccardo ci dice che in un certo senso questo può essere vero, in quanto maggiore è il tempo passato davanti allo smartphone o a qualsiasi altro dispositivo elettronico, minore è quello che i bambini o gli adolescenti passano a giocare all’aria aperta o a fare sport. Dal momento in cui uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo della miopia è proprio la ridotta attività all’aperto, trascorrere poco tempo all’aperto ha delle conseguenze in negativo sulla salute visiva, fisica e mentale dei bambini.

Figura 1. Domande del questionario sul feedback della myopia.app.

Se quindi con l’affermazione “Lo smartphone fa diventare miope” si intende quanto espresso nel paragrafo precedente, ovvero riduce il tempo trascorso all’aperto e di conseguenza aumenta il rischio di sviluppare miopia, tale affermazione può essere considerata vera. Mentre, nel caso in cui si intenda che l’utilizzo dello smartphone, la distanza e il tempo passato davanti a questo, portino allo sviluppo di miopia, non può essere considerata come vera in quanto la relazione non è dimostrabile con certezza. È doveroso quindi evidenziare che la myopia.app può essere sfruttata per controllare l’utilizzo dello smartphone nei bambini e tenerlo sotto controllo, ma non solo. La sua tecnologia, infatti, può essere applicata anche negli adulti al fine di valutare le loro abitudini visive e valutare l’addizione più indicata per un presbite. In questo caso il campo di applicazione esula dal controllo della progressione miopica.

Scopo
Lo scopo di questo lavoro è verificare la correlazione delle misure di distanza media di utilizzo dello smartphone, acquisite con un metodo manuale (metro da sarta) e un metodo digitale (myopia.app), verificare la ripetibilità delle misure con l’app e la sua facilità di utilizzo.

Materiali e metodi
In questo studio sono stati coinvolti alcuni studenti e docenti dell’IRSOO e del corso di laurea in Ottica e Optometria dell’Università degli Studi di Firenze, genitori, parenti e amici, di età compresa tra 21 e 60 anni (mediana: 24 anni). Sono state coinvolte nello studio persone che utilizzassero come sistema operativo del proprio smartphone, Android. Ciascun soggetto è stato informato sullo scopo e sulle modalità dello studio e ha dato il proprio consenso al trattamento dei dati. Per spiegare ai partecipanti il procedimento da seguire per la raccolta dei dati, è stato inviato un messaggio vocale tramite WhatsApp assieme ad alcune foto illustrative.

Per iniziare il test è stato chiesto a ciascun soggetto di misurare la propria distanza abituale con il metro da sarta (da seduti, in piedi e sdraiati), successivamente di fare il download della myopia.app e di creare un account. È stata poi spiegata la procedura da svolgere per tarare l’app. Quest’ultima consiste nel posizionare lo smartphone a 30 cm di distanza dagli occhi (aiutandosi con un metro) e di procedere svolgendo a questa distanza un breve test di valutazione dell’acuità visiva. Successivamente è stato chiesto ai partecipanti di attivare l’app nella prima modalità di utilizzo, “Active”, lasciandola attiva per circa una giornata. La particolarità di questa modalità è che ogni volta che il soggetto si avvicina troppo allo schermo, viene avvertito e invitato ad allontanarsi.

A conclusione del test è stato chiesto ai partecipanti di inviare tramite WhatsApp i risultati ottenuti. Questo primo test è stato svolto da 15 soggetti. I partecipanti sono stati poi invitati ad attivare l’app nella seconda modalità di utilizzo, “20 20 20” e di lasciarla attiva per circa una giornata. L’app in questa modalità notifica ai soggetti solo quando hanno superato i 20 minuti consecutivi d’uso, non dà notifiche sulla distanza di utilizzo; quindi, non interferisce con le abitudini spontanee del soggetto. Come nel caso precedente i soggetti hanno inviato i risultati tramite WhatsApp.

Questo secondo test è stato svolto da tutti i partecipanti. Infine, per valutare la ripetibilità della misura effettuata con l’app e la correlazione con i valori misurati con il metro da sarta, è stato chiesto ai partecipanti di riattivare l’applicazione nella seconda modalità di utilizzo e di lasciarla attiva per 5 giorni consecutivi inviando ogni sera i dati ottenuti. Purtroppo, solo 5 soggetti su 23 si sono resi disponibili ad approfondire lo studio. Una volta terminati i test da tutti i partecipanti, è stato chiesto a ciascuno di loro di compilare un questionario online sul feedback di utilizzo della myopia.app (fig. 1).

Risultati
I test utilizzati per valutare i risultati sono: il Coefficiente di Correlazione per determinare la correlazione tra i dati raccolti, l’Analisi della Varianza (ANOVA) per verificare se esistono differenze statisticamente significative nel complesso delle misure (P < 0,05), il test di Turkey per verificare quali, fra i vari metodi di misura, forniscono un valore significativamente diverso dagli altri e il Coefficiente di Correlazione Intraclasse (ICC) che è un indice statistico di ripetibilità. È stato poi affrontato il problema della rilevanza clinica stabilendo che una differenza di stimolo accomodativo di 0,25 D è considerata clinicamente significativa.

Il metodo che fornisce la distanza di utilizzo dello smartphone più elevata è la modalità “Active”. Questo risultato è probabilmente dovuto al fatto che, in questa modalità, è l’app stessa a sollecitare il soggetto ad allontanare lo smartphone, andando quindi ad influenzare il comportamento spontaneo della persona. Il metodo che fornisce la distanza di utilizzo dello smartphone più piccola è la modalità “20 20 20” (tab. 1). La misura fatta da sdraiati risulta essere significativamente diversa dalle altre due misure (test Turkey P < 0,05), mentre la differenza fra seduti e in piedi non è statisticamente significativa (P = 0,701). Confrontando la media delle misure con il metro e le due misure con la app, emerge una differenza statisticamente significativa solo fra la modalità “Active” e la modalità “20 20 20” (test Turkey P < 0,05), mentre le misure medie fatte con il metro non sono significativamente diverse da nessuna delle due misure fatte con la app.

Questo risultato intermedio è probabilmente dovuto al fatto che, per quanta attenzione si metta nell’esecuzione della misura, il soggetto è comunque cosciente di essere misurato e quindi tende ad allontanare un po’ lo smartphone, ma non tanto quanto succede con la modalità “Active”.

Considerando che solo la differenza fra le misure ottenute con la app in modalità “20 20 20” e “Active” è statisticamente significativa abbiamo verificato che questa differenza è anche clinicamente rilevante in quanto causa una richiesta accomodativa di 0,61 D maggiore con la modalità “Active” rispetto alla “20 20 20”. Confrontando i grafici di correlazione tra le misure (figg. 2, 3 e 4), è emerso che il coefficiente di correlazione è buono in tutti e tre i casi (R +0,7).

Tabella 1. Distanze misurate con i diversi metodi e le relative deviazioni standard.

La ripetibilità delle singole misure eseguite in modalità ”20 20 20” è moderata (misure singole ICC = 0,611) e migliora a valori buoni considerando l’ICC sulla media delle misure (media delle misure ICC = 0,887). Questo potrebbe suggerire che, per ottenere una valutazione attendibile della distanza di lavoro, sia necessario non limitarsi ad una misura singola, che la app acquisisce dopo circa 20 minuti di funzionamento, ma sia necessario prolungare l’uso per più giorni. Il valore di ICC che abbiamo riscontrato ha un intervallo di confidenza molto ampio (misure singole 95% IC: 0,218 – 0,938; media delle misure 95% IC: 0,582- 0,987) e questo è probabilmente dovuto al numero ridotto di soggetti che si sono resi disponibili per la prova di ripetibilità.


Figura 2. Grafico di correlazione tra le distanze medie misurate con App (“20 20 20”) e metro.

Figura 3. Grafico di correlazione tra le distanze medie misurate con App (“Active”) e metro.

Figura 4. Grafico di correlazione tra le distanze misurate con App in modalità “Active” e “20 20 20”.

Considerando infine le risposte dei partecipanti al questionario sul feedback della myopia.app, è emerso che la maggior parte dei partecipanti ha valutato l’esperienza con myopia.app in modo positivo. La maggior parte dei soggetti non ritiene di esser stata significativamente influenzata nel proprio comportamento. Solo una piccola percentuale degli intervistati ha dichiarato di avere avuto problemi durante l’utilizzo o nell’istallazione dell’app (fig. 5)

Figura 5: Risposte dei partecipanti alla domanda se hanno riscontrato difficoltà nell’installare myopia.app.

Conclusioni
La myopia.app offre funzioni utili nella raccolta di dati optometrici permettendoci di valutare quantitativamente distanza e tempo di utilizzo dello smartphone. Le sue funzionalità potrebbero essere migliorate sia dal punto di vista grafico, in modo da renderla più intuibile anche a coloro che sono esterni al mondo dell’ottica e dell’optometria, che dal punto di vista operativo. Infatti, nonostante sia disponibile in download per gli utilizzatori di smartphone che hanno come sistema operativo iOS, le sue funzionalità in questo caso sono decisamente ridotte, quasi assenti. Mentre per quanto riguarda gli smartphone con Android, non ci sono problemi di questo genere. Per quanto i partecipanti allo studio siano stati sufficientemente soddisfatti e solo in pochi abbiano dato valutazioni negative all’app, non è stato facile trovare volontari per questo studio e quasi tutti i soggetti hanno avuto bisogno di un certo grado di assistenza da parte dei ricercatori. Sarebbe interessante riuscire in futuro a svolgere lo stesso tipo di studio ampliandolo ad un gruppo di partecipanti più esteso, sia di numero che di età, in modo da valutare anche le differenti abitudini tra bambini, ragazzi, adulti e anziani, valutando anche la componente anatomica e posturale e le differenti abitudini. Vista la descrizione della pagina principale del sito della myopia.app, le persone che svolgono il download in modo autonomo potrebbero pensare erroneamente che usando e facendo usare ai propri figli lo smartphone con l’app attiva, la miopia non progredisca. Sarebbe quindi opportuno modificare la descrizione dell’app per non contribuire alla concezione errata della società sull’argomento.

Sarebbe invece interessante riuscire ad inserire direttamente nel sistema operativo dello smartphone un’app (come, ad esempio, Salute in iOS) la quale raccolga i dati quotidianamente e calcoli un valore medio di tempo e distanza di utilizzo alla fine della giornata e della settimana. Il vantaggio maggiore nell’utilizzare questo tipo di tecnologia è che la misura può essere fatta direttamente da casa, senza essere costantemente cosciente del fatto che l’app stia raccogliendo dati. Se invece la misura viene fatta nel centro ottico, il soggetto potrebbe essere condizionato da un ambiente non familiare e dalla presenza del professionista e quindi alterare la sua distanza abituale. Per lo stesso principio, l’holter pressorio, che misura le fluttuazioni della pressione arteriosa, viene impostato e indossato dal paziente in presenza di un operatore e una volta che l’iter della preparazione è concluso, il paziente torna a casa e svolge le sue attività quotidiane. Nel corso delle ventiquattro ore di durata dell’esame, lo strumento registra continuamente i valori della pressione, senza che il soggetto si accorga di niente.
In conclusione, se la finalità di utilizzo della app è quella di far allontanare lo smartphone, la modalità “Active” è effettivamente in grado di modificare questo comportamento; infatti, la distanza di lavoro con attiva la modalità “Active” è maggiore della distanza a cui viene tenuto lo smartphone in modalità “20 20 20”, la differenza è statisticamente significativa e clinicamente rilevante. Ma se l’obiettivo degli sviluppatori è quello di proteggere gli occhi di chi la utilizza dalla miopia, non esistono evidenze scientifiche che dimostrino in modo inequivocabile che sia utile aumentare la distanza di lettura al fine di ridurre la progressione della miopia nei bambini o i sintomi di affaticamento negli adulti. Le misure ottenute con l’app rispecchiano mediamente l’abituale distanza di lavoro dei soggetti coinvolti e quindi sarebbe vantaggioso utilizzarla come supporto all’abituale misura con il metro da sarta, non solo nei bambini ma anche negli adulti. Comunque, si evidenziano ampi margini di miglioramento di questi dispositivi di misura della distanza di lettura, sia per quanto riguarda la precisione, sia per quanto riguarda la facilità di utilizzo.

Bibliografia
Bababekova Y, Rosenfield M, Hue JE & Huang RR (2011): Font Size and Viewing Distance of Handheld Smart Phones. Optometry and Vision Science 88: 795–797.
Boccardo L (2020, February 28): Miopi a causa dello smartphone? Optometria Oggi.
Lanca C & Saw S-M (2020): The association between digital screen time and myopia: A systematic review. Ophthalmic and Physiological Optics 40: 216–229.
myopia.appTM eye protection (2019) VisionApp Solutions.

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