Dieci anni di attività sono un momento importante nella storia di un marchio. Ma lo sono molto di più per un brand come W-Eye, che ha inventato una nuova categoria di prodotto: l’occhiale di legno e alluminio senza cerniere.
Non è infatti scontato che il mercato capisca il valore di una proposta radicalmente nuova, soprattutto quando a proporla non è una multinazionale ma una piccola impresa familiare. Invece, grazie al binomio innovazione + design, è successo.
W-Eye Ten – Italian design collection è dunque una celebrazione di una scommessa imprenditoriale riuscita: quella di Doriano Mattellone e dei suoi figli (per decenni terzisti nel settore arredo per marchi doc del design internazionale) e di Matteo Ragni, art director di W-Eye fin dalle sue origini.
Ma W-Eye Ten – Italian design collection – è anche un gesto culturale e sperimentale, simbolo di un modo di progettare in cui l’innovazione nasce da un mix di saper fare, intuizioni e connessioni tra persone provenienti da mondi diversi. Un’innovazione guidata dal “fattore umano”.
Quello espresso dall’art direction di Matteo Ragni, che crede nella coralità più che negli assoli. Quello dei dieci designer coinvolti, che si sono messi in gioco per il solo piacere di lavorare con un brand che ha saputo osare. E ovviamente quello di Mattellone e figli, che difendono l’artigianato italiano senza nostalgia, guardando al futuro con creatività.
C’è un “fattore umano” poi anche negli occhiali che i designer hanno progettato, usando la “mascherina” stampata come base per raccontarsi e raccontare storie.
È in questo trasformare il design da un atto individuale a collettivo, e di interpretare un prodotto come un racconto intimo ma in grado di diventare universale, che troviamo in W-Eye Ten – Italian design collection la forza creativa del design italiano contemporaneo. Che fa leva sulla collaborazione, sulla condivisione e sulla messa in scena di storie.
Non uno storytelling di marketing ma racconti autentici, lenti che ci permettono di vedere loro – i creatori – ma anche di vedere noi stessi – gli utilizzatori, perfetti per farci tornare a rispettare gli oggetti nell’era dell’immaterialità.