a cura di Donatella Marchiori
Il mio studio è situato in una zona centrale della città e sono attorniata da diversi bar, pasticcerie, ristoranti normali, vegani, cinesi, paninoteche, pizzerie, birrerie …
Spesso mi prendo una pausa caffè, soprattutto nelle ore non di punta, e frequentemente mi ritrovo a seduta con il proprietario dell’ambiente che scelgo in quel momento.
Ciò che mi colpisce è che spesso si siedono con noi o sono già seduti anche altri proprietari-gestori degli ambienti vicini. Si chiacchiera del più e del meno ma quello che mi stupisce sempre è che tra di loro c’è una buona fluidità comunicativa. Sembra che non ci sia “rivalità” eppure, pur avendo caratteristiche diverse, hanno molti aspetti per cui potrebbero essere in competizione. Parlano di un po’ di tutto: delle partite di calcio ma anche della crema di caffè, di politica, passando per il tipo di tramezzini che va per la maggiore, del fatto di cronaca del primo piatto che ha avuto o non ha avuto successo.
Mi ha sempre stupito questo facile aspetto di scambio di esperienze dello stesso settore. All’inizio, quando non avevo confidenza con loro, ai miei occhi di persona e di formatrice dovevano per forza essere in competizione l’uno con l’altro in quanto più o meno promuovono tutti del cibo ed è ovvio che una persona o mangia al ristorante o mangia un panino … normalmente non si mangiano entrambe le pietanze nello stesso momento. Con il passare del tempo ho scoperto che ognuno di loro ha come base ovviamente il preciso obiettivo di rimanere nel mercato ma in tutti loro c’è contemporaneamente una particolare attenzione all’altro sia rispetto all’invadenza di uno spazio che viene considerato proprio, sia di attenzione a ciò che l’altro esprime come proposito. Spazio che viene reciprocamente, in qualche modo, rispettato come se ci fosse un tacito accordo di accettazione da parte di tutti perché questo significa: “ce la facciamo tutti”. Discutono apertamente di diversi aspetti sempre legati al loro settore come se volessero conoscere i propositi o le intenzioni dell’altro per non entrare in aperta “brutta concorrenza”. Mi sono ritrovata spesso a sentire frasi del tipo: i tramezzini di pesce li fai tu io faccio altro oppure con l’estate propongo della musica nei venerdì sera e ricevendo come risposta, ok, io pensavo di dare uno spazio particolare agli aperitivi del sabato …
Era, ed è, come un mettersi d’accordo su alcuni aspetti, come se ci fosse alla base una intenzionalità collaborativa che permette ad ognuno di loro di non essere momento dopo momento in competizione ma di vivere la singola giornata produttivamente ma in serenità e soprattutto anche scambiando due chiacchiere con il vicino “concorrente”.
Può sembrare contradditorio ma avere come obiettivo finale un risultato economico soddisfacente, una propria definita immagine, una propria specializzazione, il riconoscimento del proprio nome nella zona e contemporaneamente vivere serenamente con i propri vicini “concorrenti” è possibile se c’è la comprensione che la competizione fine a se stessa non porta a risultati globali di benessere e serenità.
Collaborazione e competizione possono convivere benissimo bisogna solo essere disponibili e non entrare nella dinamica egoica del voglio tutto o io sarò il migliore in tutto …
E’ chiaro che in ogni attività professionale, economica o sportiva c’è, e ci deve essere, competizione ma una competizione “sana” che ci migliora come professionisti e aumenta i nostri risultati economici e di immagine … Una competizione che ci fa vivere il presente con serenità dove in qualche modo è fondamentale definire e coltivare il nostro spazio ma è anche utile lasciare uno spazio per l’altro. Non è certamente costruttiva una competizione egoica il cui risultato può essere un danno per tutti. Rispetto alla domanda è più funzionale la collaborazione o la competizione?
Personalmente non ho dubbi: La competizione è importante c’è e ci sarà sempre, fa parte della vita e dell’esistenza stessa. Ci da quel quid di adrenalina senza il quale nessun sportivo vincerebbe una gara ma non può diventare il conduttore base della vita. La collaborazione è certamente l’elemento che ci fa relazionare e vivere piacevolmente con gli altri. Quindi:
SI ad una sana competizione, SI ad una sana collaborazione.
NO ad una competizione ego-centrata, NO ad una collaborazione passiva.
Ci sono diverse esercitazioni che come formatrice umanista propongo e conduco spesso in aula proprio per mettere in luce questo tema.
I componenti vengono divisi in due-tre sottogruppi e ognuno deve prendere una decisione su alcuni parametri dati, a volte sono parametri precisi e vincolanti, a volte molto vaghi. Viene definito un responsabile o portavoce del gruppo. La condivisione viene fatta solo con il portavoce, le altre persone non possono intervenire. Praticamente ci sono 2-3 a volte 4 portavoce che si incontrano e portano in discussione la decisione presa nel proprio gruppo. A questo punto ciò che emerge quasi subito è la rigida posizione sulla scelta presa precedentemente in gruppo. Normalmente non c’è quasi mai un’attenzione a ciò che gli altri rappresentanti portano, difficilmente viene elaborata un’eventuale scelta diversa.
A seconda di ciò che hanno deciso ognuno si arroca nella sua posizione. Il tempo è una variabile importante e viene strutturato. Si danno normalmente due o tre possibilità di riparlare con il proprio gruppo per rivedere la propria scelta e quella degli altri ed eventualmente modificare la propria. Il ritornare nel gruppo il più delle volte per principio, per orgoglio o per sfida irrigidisce maggiormente la scelta fatta inizialmente. L’ego in queste situazioni è un grande vincitore e nell’esercitazione alla fine per dare ascolto all’ego non si ottengono i risultati sperati, anzi falliscono tutti. Invece di scendere ad un piccolo-medio compromesso e vincere tutti, per sfida o per principio si sceglie di non dare la soddisfazione agli altri finendo cosi con il perdere tutti.
COLLABORAZIONE
SI ma sempre ATTENTA e
NON Passiva
Questo aspetto che noi formatori vediamo spessissimo in aula viene poi trasportato e vissuto anche nella vita reale. Purtroppo nella nostra cultura l’ego ha un grande potere.
Passare dalla competizione alla collaborazione richiede un grande equilibrio e forza interiore!
In un mercato sempre più complesso e difficile da gestire si richiedono nuove strategie, nuove visioni, nuovi atteggiamenti e nuovi comportamenti e soprattutto una grande apertura personale a valutare nuove modalità di essere e di porsi nella fisiologica concorrenza della vita. Si richiede di osare, certamente con equilibrio e buon senso ma è necessario e fondamentale capire il nuovo mondo, la nuova cultura, la nuova mentalità e soprattutto osare il vivere questo mondo.
La collaborazione va vissuta come un valore strategico di cui non si può attualmente fare a meno. Oggi la modalità collaborativa è una strada obbligata, da soli tutto è molto, molto più difficile. Mettersi in competizione con altre aziende del sistema rischia di farci perdere il treno della giusta e reale competitività. Non si tratta di favorire il vicino a proprio sfavore si tratta di essere aperti al nuovo e di considerarlo profondamente per trovare il modo personale di usarlo. Cosi come stare ai margini e non entrare nelle dinamiche della globalizzazione non potrà dare buoni frutti. I vantaggi di una buona e adulta collaborazione sono indiscutibili ma è necessario avere una nuova, aperta e disponibile mentalità.
COMPETIZIONE
SI è UTILE ma
NON Ego-centrata
Donatella Marchiori – ma.arpana@alice.it
Psicologa e Psicoterapeuta Senior Iscritta all’Albo degli Psicologi del Veneto n. 940 del 19/10/1993. Esperta in Psicologia dei Gruppi e delle Organizzazioni in particolare in Analisi Transazionale, Neurolinguistica PNL e Comportamentismo aziendale.