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L’attività di ricerca al centro di molte tesi presentate

A cura di IRSOO

Si può sostenere che la ricerca sia al centro delle attività dell’IRSOO a partire dal 2011. In molti casi è il filo conduttore che lega e in qualche caso indirizza alcune scelte dell’Istituto, sia per i corsi che per le attività extraformative. Perché i contenuti dei corsi sono stati aggiornati sulla base delle conoscenze più recenti scaturite dalla ricerca; perché le attività pratiche e le competenze da acquisire vengono modulate sulla base delle evidenze scientifiche; perché le attività di sperimentazione permeano l’attività degli studenti fin dal primo anno di corso; perché le materie del terzo anno, quello di optometria, hanno contenuti che vengono verificati dagli studenti con la sperimentazione effettuata da loro stessi nell’Istituto.

E se ne vedono i frutti: nelle sessioni di tesi infatti sono sempre più numerose quelle fondate su attività sperimentali, basate quindi sull’esperienza vera dei laureandi, pensate e realizzate come un prodotto artigianale. Sempre meno sono invece quelle tesi che altro non sono se non una rielaborazione di dispense prese da qualche corso, un copia e incolla da articoli o da libri, traduzioni di articoli stranieri o, per finire in bellezza, copia di tesi già presentate da altri. In questa breve rassegna, che continuerà nei numeri successivi, vogliamo presentare alcune delle tesi sperimentali discusse nelle ultime sessioni all’IRSOO; il lavoro completo sarà presto disponibile per consultazione sul nostro sito.

BRAGHI PAOLO, Corso di optometria biennale aa.ss. 2011-2012- 2013

Titolo della tesi “Misura di distanza assi visuali per lontano, angolo pantoscopico e distanza apice corneale-lente con tre strumenti”.

Relatore: Migliori Giuseppe.

Scopo del lavoro è capire quali differenze possono verificarsi, nella misura di tre parametri fondamentali per il montaggio corretto di un occhiale con diversi strumenti. I parametri considerati sono stati: distanza interpupillare, angolo pantoscopico e distanza apice corneale lente. Gli strumenti utilizzati sono stati: righello manuale, interpupillometro a riflessi corneali, centratore elettronico e misuratore di angolo pantoscopico manuale. I dati sono stati ottenuti sottoponendo alle misurazioni i soggetti consenzienti, recatisi presso il centro ottico dove l’esaminatore lavora. Si sono valutati n° 60 soggetti di età compresa tra i 16 e 75 anni, cercando di evitare individui con evidenti deformazioni facciali. Dapprima si è proceduto rilevando le misure con il righello, con l’interpupillometro e con il misuratore manuale di angolo pantoscopico; infine, dopo aver scelto e adattato la montatura, con il centratore elettronico. I dati raccolti hanno evidenziato differenze tra i diversi metodi, come del resto si poteva ipotizzare, che però non risultano essere clinicamente significative. Interessante rilevare come l’utilizzo del centratore elettronico abbia mostrato una minore ripetibilità e affidabilità rispetto agli altri strumenti utilizzati, in particolar modo per il dato relativo alla misura dell’angolo pantoscopico. Ciò può essere spiegato dal fatto che i dati ottenuti sono influenzati dalla postura assunta dai soggetti sottoposti al test, nel momento di scattare le foto. Le conclusioni sono che strumenti elettronici moderni e molto tecnologici possono essere di notevole aiuto per il lavoro dell’ottico, a patto che il loro uso sia affidato ad un operatore esperto; la preparazione e le competenze del professionista sono ancora insostituibili.

PANERO LUCREZIA, Corso di optometria biennale aa.ss. 2014-2015-2016

Titolo della tesi “Valutazione dell’influenza della secrezione lipidica delle ghiandole di Meibomio sulla stabilità del film lacrimale”.

Relatore: Fossetti Alessandro.

SCOPO: Verificare l’incidenza delle ghiandole di Meibomio sui parametri del film lacrimale e sull’apporto lipidico, mediante test lacrimali oggettivi, in relazione alla sintomatologia soggettiva.

METODI. 63 pazienti (uomini; 45±9 anni) sono stati sottoposti ai seguenti test lacrimali: NIBUT, lipidoscopia lacrimale, meibografia. I dati sono stati rilevati in due condizioni, prima e dopo la manipolazione delle ghiandole di Meibomio. I sintomi sono stati valutati mediante appositi questionari per la secchezza oculare.

RISULTATI. La manipolazione palpebrale contribuisce alla variazione del NIBUT rilevato inizialmente (r=0.4, p<0.05), in modo particolare in quei soggetti che già mostravano un tempo di rottura ottimale (r=0.5, p<0.05). Non c’è correlazione diretta tra età e NIBUT, ma i soggetti over 45, risentono maggiormente dell’apporto lipidico dovuto alla manipolazione ghiandolare (r=0.55, p<0.05). La meibografia tra palpebra inferiore e superiore indica il medesimo risultato (r=0.4, p<0.05). Per i soggetti con perdita ghiandolare di grado 2 e 3 della scala Pult & Riede-Pult c’è correlazione tra il NIBUT iniziale e quello dopo la manipolazione delle ghiandole di Meibomio (r=0.35, p<0.05; r=0.44, p<0.05); il grado 3 è inoltre correlato all’età dei soggetti (r=0.33, p<0.05). Il pattern lipidico a “maglie larghe”, mostra il valore di NIBUT più basso, questo conferma le aspettative. I pattern più ricorrenti sono l’amorfo (29%) e ad onda (24%), nel caso di manipolazione ghiandolare l’aspetto predominante riguarda le frange d’interferenza (49%), specialmente nei soggetti di età >45 anni (68%).

CONCLUSIONI. Il NIBUT è un valore indipendente dall’età dei soggetti, tuttavia, la manipolazione palpebrale è maggiormente risentita nei soggetti in età avanzata e con un tempo di rottura del film lacrimale normalmente alto. La meibografia mostra buoni risultati predittivi nel miglioramento del tempo di rottura lacrimale nel caso di perdita ghiandolare >51%. Il solo utilizzo dei questionari standard per l’occhio secco non può essere sufficiente per individuare i soggetti con disfunzioni lacrimali.

VESCHI PAOLA, Corso di optometria biennale con sede a Milano aa.ss. 2013-2014-2015

Titolo della tesi: “I filtri colorati migliorano la performance in soggetti con difficoltà di lettura? Studio di un caso”.

Relatore: Facchin Alessio Pietro.

Per compensare le difficoltà di lettura è stato proposto l’utilizzo di filtri colorati come metodo compensativo del cosiddetto visual stress o della sindrome di sensibilità scotopica. L’utilità pratica dei filtri colorati però rimane controversa. Infatti, ad oggi, la definizione della sindrome e dell’efficacia dell’utilizzo dei suddetti filtri non sono state comprovate scientificamente. La tesi cerca di dimostrare, attraverso lo studio estensivo di un caso di una bambina che già utilizza filtri colorati correttivi da sei anni, se questo metodo risulta o meno efficace. In principio è stata fatta una valutazione optometrica completa per indagare eventuali problematiche binoculari. In seguito sono state indagate le abilità ed accuratezza di lettura di una serie di parole e non parole con i filtri colorati confrontati con un occhiale con medesima correzione ottica ma con una lente non colorata. Sono state create due serie di test di lettura specifiche per la valutazione sperimentale, una di parole ed una di non parole. Sono state effettuate cinque valutazioni comparative tra l’occhiale correttivo con filtri colorati e l’occhiale senza filtro. I risultati dimostrano che l’utilizzo di filtri colorati non migliora le abilità di lettura del soggetto ed, invece, fa peggiorare alcune abilità visive testate come la sensibilità al contrasto e la percezione cromatica. Nonostante che sulla base delle risultanze oggettive ne sia stato sconsigliato l’uso, il soggetto ha preferito continuare ad utilizzarli, poiché ne trae un comfort prettamente soggettivo.

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