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Esiste un adattamento all’ anisoametropia indotta?

A cura di IRSOO: dal lavoro di tesi del corso di Optometria di Veronica Fioravanti e Annalisa Storti, relatore Paolo Sostegni.

L’anisometropia è la condizione in cui due occhi hanno un diverso valore refrattivo. Secondo questa definizione sarebbe sufficiente una differenza di 0,25 D per ritenere il soggetto anisometrope. In realtà, nella pratica optometrica, un’anisometropia viene considerata significativa quando supera 1,00 D (Rosenfield, 2006) poiché con queste differenze diottriche si iniziano ad avvertire disturbi tra i quali il mal di testa (astenopia), l’ambliopia, la ridotta stereopsi (senso della tridimensionalità), l’aniseiconia (differenza di dimensione delle immagini retiniche dei due occhi) e talvolta la riduzione della sensibilità al contrasto.

L’anisometropia è una delle cause principali di ambliopia, cioè una differenza di acuità visiva di almeno due linee tra i due occhi non imputabile a patologie o anomalie strutturali (London, Wick, 2006). L’ambliopia è più frequente in soggetti con anisometropia ipermetropica piuttosto che miopica.

Una delle conseguenze principali dell’anisometropia corretta è, certamente, l’aniseiconia. Questa viene espressa attraverso un numero in percentuale che indica la differenza di ingrandimento delle immagini retiniche tra i due occhi. Teoricamente si ritiene che il valore soglia al di sopra del quale si ha difficoltà a fondere immagini di dimensioni diverse sia circa del 4%. Il dato è puramente teorico perché spesso in presenza di valori di aniseiconia inferiori si verificano comunque molteplici sintomi, o talvolta con entità di aniseiconia nettamente superiori al 4% il soggetto non lamenta disturbi.

In letteratura vi sono alcuni studi che indicano un limite di aniseiconia tollerabile, come quello di Highman (Highman, 1977) il quale ritiene che un’aniseiconia del 19% permette ad un soggetto adulto di avere ancora una stereopsi. È ben noto che soggetti normali hanno il senso della tridimensionalità negli stereogrammi di tipo Random-Dot, anche con un’aniseiconia del 15% (Howard, Rogers, 1955).

Ogle (Howard, Rogers, 1955) ha affermato che il limite massimo tollerabile di aniseiconia è pari al 5%, perché la capacità di fondere immagini di differenti dimensioni dipende anche dall’ampiezza dell’area di Panum.
Un lavoro del 1991 (Cruz, Bauer, Held, 1991) ha dimostrato un caso nel quale l’anisometropia ipermetropica ha causato effetti sulla sensibilità al contrasto binoculare.
Anche se esistono vari studi riguardo l’aniseiconia non è errato affermare che la soglia, oltre la quale l’aniseiconia non è più tollerabile, varia in base ad altre caratteristiche che dipendono esclusivamente dal soggetto.

I sintomi che un paziente con aniseiconia può lamentare sono molteplici: alcune persone riportano di avere una sensazione di disagio percettivo, con riduzione della performance visiva; altre sentono il bisogno di togliere la correzione per riposarsi; numerosi sono, infine, i casi di pesantezza oculare, bruciore e mal di testa.

Nello studio di Fioravanti e Storti sono stati analizzati 30 soggetti emmetropi (con ametropie non superiori a ±0,25D, acuità visiva da lontano non inferiore a 10/10 e stereopsi <160” da lontano) ai quali è stata indotta un’anisometropia miopica, mediante l’applicazione sull’occhio destro di una lente a contatto di +3,75 D.
Ai soggetti è stato consegnato un paio di occhiali con una lente sinistra neutra ed una lente destra di -4,00 D. Gli occhiali sono stati montati nel laboratorio di esercitazioni lenti oftalmiche dell’Istituto di Ricerca e di Studi in Ottica e Optometria (IRSOO) di Vinci.

Sono stati creati quattro occhiali identici per montatura, potere e tipologia delle lenti, ma con DAV (distanza assi visuali) differente; infatti le quattro distanze dei centri ottici sono state decise dopo aver rilevato le DAV dei soggetti presi a campione.
In questo modo ogni paziente ha utilizzato il paio di occhiali con la DAV più adeguata, con un errore massimo di decentramento orizzontale pari a circa 1 millimetro.

I pazienti hanno utilizzato gli occhiali per un’ora, svolgendo le loro attività in una condizione di anisometropia corretta.
Ogni soggetto è stato sottoposto ai test in condizione naturale (emmetropia), subito dopo l’applicazione della lente di +3,75 D (fase iniziale di anisometropia) e dopo un’ora di adattamento. I test hanno analizzato l’acuità visiva per lontano, l’aniseiconia verticale e orizzontale, la stereopsi da lontano e da vicino e la sensibilità al contrasto. I dati sono stati raccolti in un ambulatorio dell’IRSOO con un livello di illuminazione pari a circa 100 lux.
L’acuità visiva, l’aniseiconia verticale ed orizzontale e la stereopsi da lontano sono state rilevate con uno schermo LCD (CSO Vision Chart) posto alla distanza di 6 metri; per misurare la sensibilità al contrasto è stato usato lo stesso schermo, ad una distanza di 3 metri; mentre la stereopsi da vicino è stata valutata con il tablet VisionApp di Essilor, posizionato su un leggio a 40 centimetri dal soggetto.

L’acuità visiva è stata indicata in LogMAR (Logaritmo in base 10 del Minimo Angolo di Risoluzione). 0 LogMAR equivalgono a 10/10, mentre 1 LogMAR corrisponde a 1/10. Tra una linea e l’altra di lettere vi è un intervallo di 0,1 unità logaritmiche.

Ai soggetti è stata proposta una linea di lettere per volta partendo da un’acuità visiva di 0 LogMAR, dato che i pazienti presi in esame avevano acuità visive superiori a questo valore. Per la misura della sensibilità al contrasto è stato usato il test del Pelli-Robson, anch’esso in scala logaritmica.
Si tratta di uno schermo sul quale sono riportate 16 triplette di lettere (fig. 1). Essendo costante la frequenza spaziale della mira, l’unica variabile è data dal contrasto che caratterizza ciascuna delle 16 triplette e che va da 93,9% (0,03 LogCS) a 0,6% (2,25 LogCS). Il contrasto varia di un fattore pari a 0,15 unità logaritmiche da una tripletta all’altra, fatta eccezione per le prime due in cui si passa da 0,03 LogCS a 0,15 LogCS.

Figura 1. Test del Pelli-Robson per la sensibilità al contrasto. E’ mostrata una tripletta al 25% di contrasto.

L’aniseiconia orizzontale e verticale è stata misurata con un test reperibile nello stesso ottotipo Vision Chart della CSO (figg. 2 e 3).

Figura 2. Ottotipo Vision Chart per la misura dell’aniseiconia orizzontale.
Figura 3. Ottotipo Vision Chart per la misura dell’aniseiconia verticale.

Il soggetto indossa un occhialino con un filtro rosso ed uno verde. La mira è composta da un pallino centrale e da un quadrato diviso a metà, come a formare due “C” contrapposte di colore diverso. Con l’occhio destro si percepisce una metà del quadrato e con l’occhio sinistro l’altra, in base al posizionamento dei filtri sugli occhi. Tramite l’apposito telecomando viene volutamente cambiata la grandezza di una metà del quadrato per indurre aniseiconia.

Successivamente la grandezza viene modificata fino a che il paziente non percepisca le due “C” di egual dimensione.
La stereo-acuità da lontano (indicata in secondi d’arco) è stata anch’essa rilevata con un occhialino rosso-verde che permette di vedere in rilievo le lettere proiettate sull’ottotipo Random-Dot, le quali differiscono per stereo-acuità. I risultati sono stati analizzati usando un foglio di calcolo di Open Office ed il programma di statistica R.

Lo Shapiro Test ha dimostrato che i dati ottenuti non sono distribuiti in maniera gaussiana e quindi per calcolare il p-value si è utilizzato il Wilcoxon Test. Il p-value è un valore che va da 0 a 1. Se viene espresso in percentuale, esso indica la probabilità che l’ipotesi nulla sia vera.
Per valori di p minori di 0,05 le probabilità che le differenze tra due serie di misure siano dovute al caso sono basse.

Di seguito si riportano alcuni valori delle tre fasi di misurazione. Anche se le tabelle sono di chiara interpretazione si precisa che in ogni tabella sono stati riportati i seguenti valori: minimo e massimo, media, mediana e deviazione standard dei vari test, eseguiti nelle tre condizioni di misura.

IN CONDIZIONI NATURALI

AV BINOCULARE ANISEICONIA
X (%)
ANISEICONIA
Y (%)
STEREOPSI
LONTANO
STEREOPSI
VICINO
SENSIBILITA’ AL CONTRASTO
MIN/MAX -0,04/-0,28 0/4 0/5 40-160 58/580 1,1/3,1
MEDIA -0,19 1,17 1,13 93,33 106,27 1,88
MEDIANA -0,20 1 1 80 58 1,6
DEV. STANDARD 0,07 1,0 1,2 50,74 110,12 0,45


IN ANISOMETROPIA INIZIALE

AV BINOCULARE ANISEICONIA
X (%)
ANISEICONIA
Y (%)
STEREOPSI
LONTANO
STEREOPSI
VICINO
SENSIBILITA’ AL CONTRASTO
MIN/MAX 0/-0,28 1/9 1/12 40/160 58/580 1,1/3,1
MEDIA -0,16 5,17 4,89 133,33 266,93 2,02
MEDIANA -0,16 5 4 160 90 2,2
DEV. STANDARD 0,062 2,02 2,62 43,35 155,79 1


DOPO UN’ORA DI ADATTAMENTO

AV BINOCULARE ANISEICONIA
X (%)
ANISEICONIA
Y (%)
STEREOPSI
LONTANO
STEREOPSI
VICINO
SENSIBILITA’ AL CONTRASTO
MIN/MAX -0,06/-0,3 0/8 0/8 40/320 58/580 1,1/2,2
MEDIA -0,17 2,80 2,53 116,67 20,67 1,87
MEDIANA -0,18 3 2 80 175 1,90
DEV. STANDARD 0,067 1,47 1,73 61,11 164 0,36

 

Nei sei istogrammi seguenti vengono riportate le medie dei vari test. In tutti i grafici la colonna blu rappresenta il valore medio del test effettuato in condizione naturale; quella arancione rappresenta la media della condizione di anisometropia iniziale; quella gialla è riferita alla condizione finale, dopo un’ora di adattamento.

I valori di acuità visiva sono molto simili nelle tre condizioni, questo vuol dire che le diverse dimensioni delle immagini percepite dai due occhi influiscono poco su questa funzione visiva.

L’aniseiconia verticale e orizzontale seguono, più o meno, uno stesso andamento. I valori peggiorano nella condizione iniziale di anisometropia per poi migliorare dopo un’ora di adattamento. Infatti per l’aniseiconia verticale si parte da 1,17% (condizione naturale), si passa a 5,17% (nella fase di anisometropia iniziale) e poi a 2,8% (dopo un’ora di adattamento). Lo stesso accade per l’aniseiconia orizzontale in cui i risultati sono pressoché gli stessi: 1,13% (condizione naturale), 4,7% (fase di anisometropia iniziale) e 2,53% (dopo un’ora di adattamento). Per questi due test il p-value è inferiore a 0,05 e quindi si può dire che la condizione di anisometropia iniziale influisce sull’aniseiconia, anche se successivamente interviene l’adattamento sensoriale che riduce la percezione dell’aniseiconia.

La stereo-acuità da lontano peggiora da 93,33” a 133,33” subito dopo l’applicazione della lente a contatto; dopo un’ora di adattamento il valore medio è di 116,67”. Questo ci fa capire che i soggetti si sono adattati all’aniseiconia e quindi hanno riportato buoni valori di stereo-acuità. Ciò è in perfetto accordo con quanto affermato precedentemente da Ogle e cioè che valori inferiori al 5% di aniseiconia permettono comunque di fondere immagini di differenti dimensioni.

I valori di stereo-acuità da vicino peggiorano subito dopo l’inserimento della lente a contatto (106,27” in condizione naturale e 266,93” in condizione di anisometropia iniziale) e subiscono un leggero miglioramento dopo un’ora, fino a raggiungere 202,67”. Anche dopo l’adattamento i valori della stereopsi da vicino sono comunque lontani da quelli in condizioni naturali e quindi, a differenza della stereopsi da lontano, l’adattamento non permette di raggiungere i massimi livelli. Per la sensibilità al contrasto i risultati non sono molto significativi, in quanto si passa da 1,88 LogCS in condizioni naturali a 2,02 LogCS dopo l’applicazione della lente ed infine a 1,87 LogCS dopo un’ora.

In conclusione si può affermare che il sistema visivo presenta un fenomeno di adattamento sensoriale che permette di ridurre la percezione dell’aniseiconia. Infatti i soggetti dopo aver portato per un’ora di tempo l’occhialino e la lente a contatto, si sono adattati bene alla condizione di aniseiconia creata, riportando valori simili a quelli in condizione naturale.
Per quanto riguarda invece l’acuità visiva binoculare e la sensibilità al contrasto non ci sono state notevoli variazioni nelle tre fasi di studio, anche perché l’anisometropia iniziale non ha provocato un drastico calo delle performance in questi due test. Infine l’adattamento ha meno influenza sulla stereo-acuità che è stata maggiormente influenzata dall’anisometropia; infatti, come è stato già evidenziato, l’adattamento ha avuto scarsa efficacia soprattutto nella stereopsi da vicino.

BIBLIOGRAFIA
Cruz AA, Bauer J, Held R (1991). Inhibition of binocular contrast sensitivity in hypermetropic anisometropia. Optometry and vision science: official publication of the American Academy of Optometry, 68(10), 819-820
Highman VN (1977). Stereopsis and aniseikonia in uniocular aphakia. Br J Ophthalmol;61:30–3
Howard IP, Rogers BJ (1995). Binocular Vision and Stereopsis. New York: Oxford University Press
London R, Wick B (2006). Patients with Amblyopia and Strabismus.In: Benjamin WJ, editor. Borish’s Clinical Refraction. St. Louis, Missouri: Butterworth-Heinemann Elsevier; p.1461-1478
Rosenfield M (2006). Refractive Status of the eye. In: Benjamin WJ, editor. Borish’s Clinical Refraction. St. Louis, Missouri: Butterworth-Heinemann Elsevier; p.3-34

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